Wes Craven è morto. La fine di un’epoca è segnata.
Il sogno e l’onirico al centro della sua visione della paura. L’apice con Nightmare – Dal profondo della notte e la nascita del mito di Freddy Krueger: “L’idea mi è venuta nel 1979. Ma in molti dei miei film precedenti è inserita la sequenza di un sogno: L’ultima casa a sinistra, Benedizione mortale, Il mostro della palude.. In ognuno di essi c’è una sequenza onirica che preannuncia Nightmare”.
“Secondo me, è l’infanzia la sorgente di ogni paura. La casa è il fulcro dei nostri primi anni. Così i film che scelgono ambientazioni normali e quotidiane possono far riemergere ricordi sepolti, sono i luoghi dove ci sono accadute cose paurose”. (Wes Craven nel testo Il buio oltre la siepe di Danilo Arona).
L’analisi dettagliata delle origini della paura hanno fatto parte del suo bagaglio. L’incubo che si allontana dalla realtà è l’esperienza generatrice di uno stile: l’horror. Nello slasher i serial killer sono al centro delle storie e nonostante in Italia, negli anni ’70, Dario Argento ne aveva già fatto assaggiare la crudezza e in America erano arrivate serie quali Halloween e Venerdì 13 è certamente con Wes Craven che questo genere si è cristallizzato. I serial killer rappresentano un lato della nostra oscura personalità, essi incarnano la totale assenza di convenzioni e regole sociali.
Da Freddy a Ghostface Wes Craven si è reso creatore di nuove strade, di percorsi ancora più misteriosi per il cinema horror e non solo: la vendetta, la disperazione e l’inconscio completano questa oscura analisi della mente umana. Scovare l’oscurità nascosta nella quotidianità, individuare le ramificazione mimetiche del male che può nascondersi in un’incubo fino ad un telefono che squilla sono i cardini su cui si è basata tutta la sua estetica. Dagli sguardi magnetici di Freddy sino all’immobilismo facciale della maschera di Scream il suo cinema ci ha regalato terrificanti e sconvolgenti emozioni.
Successori? Impresa davvero difficile.