Tutti gli articoli di Simone Avagliano

Catalogna: un disastro annunciato

Alla fine il voto c’è stato, nonostante le minacce e i tafferugli che hanno scosso la Catalogna questa prima domenica d’ottobre. Il risultato è anche piuttosto schiacciante con un 90% di preferenze per l’indipendenza dalla Spagna, anche se il numero dei votanti (poco più del 40%) e le modalità non proprio genuine della consultazione daranno un significato controverso a questo verdetto.

Comunque la si pensi quello che emerge dai fatti di ieri è un paese profondamente spaccato e in preda ad una crisi istituzionale senza precedenti che si poteva benissimo evitare o quantomeno contenere.

Il principale imputato di questa catastrofe è stato il premier spagnolo Rajoy, colpevole di aver forzato la situazione contro ogni ragionevolezza. Il suo ostruzionismo alle istanze catalane ha fatto sì che un fenomeno minoritario se non folkloristico come l’indipendentismo prendesse il sopravvento su un più sensato rafforzamento dell’autonomia. Inoltre ha deciso di usare il pugno di ferro non contro dei Black bloc o dei facironosi che volevano solo scatenare violenza come accade talvolta in una manifestazione, ma contro della gente che voleva andare solamente esprimere il proprio pensiero con il voto. Un comportamento di suo incompatibile con l’essenza stessa della democrazia, nutrito forse dall’illusione che si potesse risolvere la questione politica con la forza.

Se Rajoy avesse invece consentito il voto in modo sereno, con un serio dibattito come avvenuto nel Regno Unito con il referendum scozzese del 2014 probabilmente il clima politico non solo sarebbe stato più sereno, ma la maggioranza moderata dei catalani avrebbe valutato con più calma la questione invece di votare spinta dalla rabbia verso un governo che a parole e anche nei fatti sembra voler negare loro la facoltà di esprimersi .

Ora che questo braccio di ferro si è risolto malamente per Madrid a livello politico e soprattutto d’immagine, esso ha creato un pericoloso precedente nel resto del regno, dove non mancano altre comunità (Galizia, Andalusia, per non parlare dei Paesi Baschi) che potrebbero voler imitare l’esempio catalano.

Non è chiaro cosa succederà adesso, se la Catalogna dichiarerà veramente la sua indipendenza nelle prossime ore o se il governo di Madrid deciderà di andarci ancora più duro, magari inviando l’esercito. Di sicuro si è creata una spaccatura profonda, se non insanabile, tra due anime importanti dello stato spagnolo. Tutto questo per una classe politica che invece di ignorare gli eventi o sperare che in qualche modo rientrassero avrebbe dovuto governarli con saggezza ed intelligenza.

Un ultimo appunto sull’Europa, di cui pesa come un macigno il silenzio su tutta la vicenda. Ed è paradossale visto che gli stessi catalani si dichiarano comunque europeisti, forse anche più del resto degli spagnoli. Un’altra occasione persa che non gioverà al futuro politico dell’Unione, per la quale questa crisi rischia di essere ancora più destabilizzante di quello che fu l’anno scorso la Brexit.

La crisi del liberalismo

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John Locke

Ci ricorderemo a lungo di questo 2016. Un anno segnato non soltanto dalla scomparsa della principessa Leila e di tante altre star da David Bowie a Prince, passando per Umberto Eco e Gene Wilder. È stato soprattutto un anno segnato dalla crisi generica del pensiero liberale come hanno dimostrato il successo della Brexit o l’elezione di Donald Trump. Eventi che sarebbero un ritorno della democrazia per alcuni, ma anche un arretramento della società aperta e globale decantata all’indomani della caduta del Muro di Berlino e dell’Unione Sovietica. Altro che fine della storia. Continua a leggere La crisi del liberalismo

Uno sguardo sulla riforma costituzionale

quesito-referendumLa battaglia per l’imminente referendum costituzionale che ci ha accompagnato nelle ultime settimane ha ormai stancato molti di noi, al punto che non si vede l’ora di mettervi la parola fine questa domenica.

Questo per i toni ossessivi, se non apocalittici, tra i due fronti, attorno ai quali in molti si schierano più per simpatie politiche che per una scelta ponderata e consapevole. Molti cittadini del resto non masticano granché di diritto costituzionale, nemmeno conoscono la stessa Costituzione o il funzionamento delle nostre istituzioni per capire veramente quale sia la posta in gioco nel voto in questione.

La Tana nel suo piccolo vuole allora dare un suo contributo sui punti salienti della riforma, senza pregiudizi di parte, perché a essere fondamentale in un dibattito è un’analisi seria dei fatti e non la ripetizione ad oltranza di slogan che invece di arricchire l’opinione pubblica non fanno che convincere le rispettive fazioni. Continua a leggere Uno sguardo sulla riforma costituzionale

Stati Uniti – Colpo di teatro

trump-flagA dispetto di ogni aspettativa e delle ripetute campagne contro il personaggio, Donald Trump è riuscito alla fine a diventare il 45° presidente degli Stati Uniti. Dalla sua hanno giocato molto la sua insistenza su temi di facile presa sul pubblico e la natura da outsider che già bruciò la Clinton, considerata da molti troppo legata all’establishment, nelle primarie democratiche del 2008 vinte dall’allora quasi sconosciuto Obama.

In molti sui social e nei dibattiti televisivi già si disperano della vittoria di Trump o fanno previsioni catastrofiche sul futuro dell’America e degli equilibri mondiali sotto la sua amministrazione. Siamo davvero sull’orlo del baratro o il futuro è meno tragico di quello che si grida in giro? Continua a leggere Stati Uniti – Colpo di teatro

Turchia – Il lungo braccio di ferro

GolpeLa lunga èra Erdogan è stata vicina ad arrivare al suo termine. Purtroppo non con libere elezioni, ma con un trauma che pensavano appartenesse ormai al passato della Turchia. A togliere il tappeto da sotto i piedi del presidente ci ha provato infatti un colpo di Stato militare che si giustifica in nome della “difesa della democrazia”. Continua a leggere Turchia – Il lungo braccio di ferro

Brexit – Il vaso di Pandora dell’Europa

Il leader dell'UKIP Nigel Farage. Foto Reuters
Il leader dell’UKIP Nigel Farage. Foto Reuters

Nigel Farage ha vinto: il Regno Unito se ne va all’Europa. Andando contro i sondaggi delle ultime ore che davano in lieve vantaggio il remain quasi il 52% dei britannici ha scelto invece di abbandonare l’Unione Europea. Il risultato pur essendo di stretta misura segna un importante precedente nel lungo percorso d’integrazione del nostro continente e apre scenari che in buona parte esulano ancora alla nostra comprensione. Cosa succederà adesso? Continua a leggere Brexit – Il vaso di Pandora dell’Europa