Ci si abitua a tutto, anche un Dinosauro può perdere il suo fascino. Ecco la sensazione dominante in Jurassic World. Quella fantastica magia del primo capitolo, quel mistero e quella curiosità che la creazione di un dinosauro suscitavano nel pubblico, sembra ormai svanita per sempre.
Ma come per incanto non tutto sembra perduto. Il film ci restituisce degli spunti interessanti sopratutto nel finale: un’epica battaglia, tante emozioni e persino qualche lacrima che potrebbe arrivare dagli spettatori. Colin Trevorrow dirige un quarto episodio carico di potenzialità inespresse o sopite nascoste dietro la volontà di stupire a tutti i costi e il risultato è un film percepito come bloccato e sviluppato in modo frettoloso.
Molto più equilibrato il terzo capitolo con un dinosauro villain molto più carismatico. L’indominus infatti non sembra reggere il confronto col potentissimo Spinosaurus del terzo film.
Sarà dunque il T-Rex e la sua trionfale entrata in scena a salvare il ritmo di Jurassic World che nonostante il risultato al botteghino non decolla veramente mai. Punto debole della storia? Qualcuno avrebbe dovuto spiegare a Chris Pratt che non si trovava sul set dei Guardiani della Galassia e che i personaggi vanno caratterizzati, diversificati. Tuttavia un buon punto di forza che fornisce buoni spunti sopratutto nella costruzione di un coinvolgimento emotivo è la scelta di rendere i Raptor i “buoni” della storia: il tentativo di conoscerli e addomesticarli da luogo ad un’analisi uomo-animale-natura molto interessante, attuale e a tratti intensa.