Non ci sono imitazioni possibili. Lontani sono i tempi in cui un grande squalo bianco impressionava il pubblico di tutto il mondo.
Paradise Beach – Dentro l’incubo, dal 25 agosto al cinema, racconta la storia di una surfista braccata da un enorme pescecane che la costringerà su uno scoglio in totale solitudine. La lotta per la sopravvivenza avrà così inizio.
Possiamo dividere questo film in due parti, la prima di natura documentaristica con soddisfacenti sequenze di surf e la seconda di natura più narrativa che coincide con la comparsa dello squalo. Ed è qui che inizia l’incubo ma non quello della storia. Una CGI evidentissima, una serie di effetti speciali che mostrano palesemente tutta la loro natura di “effetti” rovinano completamente tutto ciò che di buono era stato tentato nella prima parte.
Il regista Jaume Collet-Serra se da un lato esalta le bellezze naturalistiche dei paesaggi e del mare dall’altro si affida ad una storia tutto sommato già vista. Nel 1975 Spielberg diede vita a qualcosa di irripetibile, quello squalo, seppur nella sua natura di modellino, era certamente più “reale” e verosimile di queste immagini artificiali create dalla Computer Grafica.
Questo annulla l’effetto principale legato alla paura e alla tensione. Insomma un prodotto cinematografico non all’altezza, slegato in alcune sequenze: su tutte quella dell’aggressione al bagnante ubriaco il cui corpo sembra improvvisamente svanire dalla spiaggia in cui era riuscito a tornare.