Indonesia – Widodo, la scommessa per una grande potenza

Widodo KerryAlcuni lo paragonano a Barack Obama, che ha passato la sua infanzia in questo sterminato arcipelago del sud-est asiatico. Dopo più di tre mesi dal voto presidenziale l’Indonesia ha finalmente un nuovo leader: Joko Widodo.

Sconfitto il rivale Parabowo Subianto, vicino agli ambienti militari che hanno governato con il pugno di ferro per decenni, il neo presidente ha di fronte a sé una sfida allo stesso tempo difficile e accattivante. Prima dovrà vincere le profonde contraddizioni del suo paese e solo allora potrà dargli il posto che merita nel mondo.  

La scalata personale di Widodo potrebbe essere di suo un’anticipazione di questa scommessa indonesiana, una realtà che, specialmente in questo paese così a digiuno di strategia, sono in pochi a considerare per le conseguenze e la portata che potrebbe avere.

Arrivato sulla scena politica come da imprenditore di mobili Widodo, o Jokowi come lo chiamano in molti, è divenuto prima sindaco e poi nel 2012 governatore della stessa capitale dell’Indonesia, Giacarta.

Il suo arrivo nell’elezione presidenziale di quest’anno era sentito in modo particolarmente forte dall’opinione pubblica e internazionale, perché per la prima volta dalla caduta della dittatura di Suharto nel 1998 gli indonesiani potevano scegliere qualcuno che non fosse legato a quest’ultimo.

Nonostante le ripetute campagne denigratorie nei suoi confronti – gli hanno dato del cinese, dell’ebreo e persino della spia al soldo dell’America, Widodo, che nel suo uso intelligiente dei social network ricorda leader attuali come Obama e Renzi, è riuscito comunque a vincere la sfida con più del 50% dei voti, sebbene la lotta più importante cominci solo adesso.

La prima sfida che dovrà affrontare è risolvere le profonde disuguaglianze che minacciano la stabilità dell’Indonesia, dove c’è ancora molta gente che vive con meno di due dollari al giorno.

Tra le soluzioni annunciate dal nuovo presidente ci sono numerosi investimenti per le infrastrutture che dovranno collegare le migliaia di isole dell’arcipelago. Un’altra novità importante in cantiere è l’estensione a tutto il paese di una smart card già funzionante a Giacarta per accreditare direttamente ai cittadini più bisognosi i sussidi per spese mediche e altro.

La smart card servirà anche per aggirare uno dei problemi più spinosi dell’Indonesia, ossia la corruzione che pervade ogni aspetto della società, economia al primo posto. Ciò dovrebbe ridare un clima di fiducia agli investitori stranieri che hanno spesso lamentato di trovare troppi ostacoli burocratici e una concorrenza sleale.

Se Widodo dovesse riuscire in questa grande impresa si allontanerebbe lo spettro che minaccia di distruggere un equilibrio interno: il radicalismo islamico. Il progresso economico ridimensionerebbe infatti un fenomeno che sta prendendo sempre più piede, in particolare da quando l’ascesa dell’IS in Medio Oriente ha attirato centinaia di indonesiani a combattere sotto lo stendardo nero dei jihadisti.

Priva di elementi nocivi alla sua stabilità, l’Indonesia potrebbe decollare come una grande potenza regionale capace di inserirsi nelle dinamiche tra i due maggiori colossi del Pacifico: Cina e Stati Uniti. Verso i due competitor Widodo ha già manifestato un atteggiamento di prudenza, dicendo di voler rimanere equidistante per trarre i maggiori benefici dai rapporti con loro. Quel che è certo è che un attore di peso come l’Indonesia potrebbe dare un enorme contributo ad affrontare le difficoltà di altri paesi dell’area come Myanmar o la Thailandia, ancora in preda a rigurgiti militaristi.

Non sarà facile e questo non soltanto per l’enormità della sfida. Il neo presidente per ora deve confrontarsi con un parlamento a lui ostile, perché nonostante il Parlamento resta in mano all’opposizione. Per ora Widodo e Prabowo Subianto dicono di voler collaborare. Reggerà questo bagno di responsabilità comune

 

 

 

 

 

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