Non possono spostarsi, lavorare, possedere proprietà o avere più di due figli. Contro di loro si scagliano i buddisti aizzati dall’insolita ferocia del monaco Wirathu e dei gruppi più estremisti, che in molti casi non si accontentano di boicottare i loro negozi o minacciarli e passano direttamente alle mani. E le centinaia di morti che hanno segnato gli ultimi due anni spiegano molto bene come finiscono di solito questi scontri.
La vita della minoranza di fede musulmana Rohingya – circa 800.000 persone stanziate prevalentemente nello stato del Myanmar occidentale di Rakhine – insomma era già molto difficile in passato. Eppure in questi giorni la loro esistenza potrebbe diventare addirittura più drammatica, poiché il governo di Naypyidaw, sollevando un mare di polemiche ha deciso di cacciare dai loro campi rifugio il personale di Medici senza frontiere (MSF).