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Il bivio dell’intelligenza artificiale

La foto vincitrice del concorso Sony creata dal fotografo Boris Eldagsen

Cosa sarebbe l’essere umano senza creatività o la semplice fantasia? Veicolo spesso irrazionale, ma comunque fondamentale nella nostra esistenza che può essere tacciato come vano trastullo mentale, ma talvolta ci aiuta a riflettere sulla realtà attraverso tali visioni e punti di vista alternative.Rimanendo in un discorso puramente ludico, a quanti di noi sono balenate delle idee che avremmo voluto tanto rappresentare ma, a meno di non essere dei bravi disegnatori o artisti, ci trovavamo costretti a farle ammuffire nei meandri della nostra testa?

Adesso non è più così, perché a venire in soccorso di questo ‘potenziale inespresso’ ci pensa l’intelligenza artificiale generativa, ossia dei programmi (conosciuti anche come Bot come il celebre Midjourney) a cui basta ricevere determinate istruzioni per trasformare il sogno in realtà tangibile (immagini, video, suoni e forse sarà possibile persino avere delle conversazioni impossibili con Dante, Michelangelo o Carlomagno).

Negli ultimi tempi avrete di sicuro notato che si stanno moltiplicando gli articoli e i servizi che parlano d’intelligenza artificiale, su cui stanno investendo montagne di denaro le principali aziende del settore come Microsoft, Meta di Zuckenberg o Google. Spesso si racconta dei risultati straordinari che hanno raggiunto questi strumenti, contribuendo anche a semplificare operazioni che in passato chiedevano molto più tempo e risorse sia fisiche che intellettuali. Parallelamente al fascino che accompagna sempre l’innovazione, vengono alla luce gli inevitabili usi distorti che possono funestare ogni nuova tecnologia.

Alcuni esempi strappano un sorriso, come ad esempio le foto di papa Francesco con un cappotto di marca ribattezzato per l’occasione Monclero oppure Meghan e Harry fortemente ingrassati dopo essersi trasferiti negli Stati Uniti. Altri lasciano un misto di curiosità e cringe, si pensi alle foto ottocentesche di Lincoln o Garibaldi che si animano mettendosi a cantare Gigi d’Alessio. E vi sono, infine, quelli che fanno pensare seriamente sull’argomento, fra cui le foto di Trump che viene arrestato in malo modo dagli agenti di polizia o i filmati di Obama o Putin che pronunciano frasi che non hanno mai detto. L’I.A. riesce a costruire contenuti del genere con un’approssimazione sufficientemente credibile e col passare del tempo il risultato diventerà di sicuro ancora più realistico e quindi difficile da smascherare.

L’immagine modificata di Papa Francesco con il cappotto Moncler

Gli aspetti controversi dell’I.A. generativa sono stati recentemente sollevati in modo clamoroso anche da un fotografo tedesco, Boris Eldagsen, che ha vinto il concorso Sony World Photography Awards con una foto che, in un secondo momento, ha rivelato essere un falso creato da un Bot. La mossa di Eldagsen ha imbarazzato fortemente gli organizzatori che hanno subito rimosso la foto, ma il fotografo non aveva alcuna intenzione di vincere barando, anzi la sua mossa è stata studiata proprio per aprire un serio dibattito sulla strisciante contaminazione tra realtà e I.A.

Dai casi esposti qui sopra si può trarre qualche importante considerazione, tralasciando l’abusato discorso sull’eventualità che essa possa prendere il sopravvento sull’essere umano che richiederebbe un articolo a parte, concentrandoci invece sull’impatto che essa avrà nella nostra società e nelle nostra quotidianità. L’intelligenza artificiale generativa ha senza dubbio delle ricadute pratiche da non sottovalutare e semplificheranno molte procedure e lavori in modi mai pensati prima, aprendo la strada a nuove interazioni e potenzialità che nemmeno potevamo immaginare. Per contro, agli inevitabili abusi di questa tecnologia che devono essere oggetto di forte attenzione e regolamentazione non può far riscontro una sterile reazione luddista, la quale rifiutano in toto l’innovazione semplicemente perché, come tutte le cose, essa comporta sia vantaggi che problemi. 

Proprio sui problemi non dobbiamo dimenticare che la causa principale degli stessi non è l’oggetto in sé, ma l’utilizzo che ne fanno uomini mossi da ragioni e volontà irrazionali o, peggio, criminose. Purtroppo nella società soggetti di questo tipo non sono mai mancati e mai mancheranno, caricando le istituzioni del compito non facile di proteggere il cittadino da tali mistificazioni. Ciò va fattoinnanzitutto regolamentando uno strumento ancora nuovo che deve essere reso facilmente distinguibile dai contenuti reali, siano questi una foto, un video o un audio e perseguendo i colpevoli che li usano in mala fede. Non meno fondamentale è coinvolgere il mondo dell’istruzione e sostenere valori che formino persone in grado di ragionare su quello che stanno vedendo, leggendo ed ascoltarlo invece di assorbirlo passivamente come spugne o amebe (termini peraltroquasi sinonimi). 

Non dobbiamo dimenticare, infatti, che nelle personalità con profonde difficoltà a capire il mondo complesso di oggi e senza prospettiva avanza inesorabile il rifiuto a voler affrontare la realtà con maturità ed intelligenza semplicemente perché lo si considera inutile. E in questo vuoto interiore sipuò insinuare in modo irresistibile la tentazione di adattare il mondo esterno alla propria visione disincantata e precaria, dove tutto è possibile e nulla è certo. L’intelligenza artificiale con i suoi bot iperrealistici è lì, pronta ad assecondare questo impulso primordiale all’ennesima potenza e, a meno di non contenere in tempo a questa minaccia a dir poco cruciale, a demolire le basi stesse di ogni scienza e della stessa democrazia.

L’America da tesi ad antitesi

Dopo mesi di attesa la tanto annunciata incriminazione di Donald Trump è arrivata. Si parla di oltre 30 capi d’accusa che vanno dal falso in bilancio alla frode elettorale, passando per la cospirazione contro i cittadini fino alla detenzione di documenti segreti) accusa rivolta anche ad altri politici illustri, compreso l’attuale presidente americano Joe Biden, con la differenza che nel caso di Trump ciò fosse stato fatto deliberatamente).

Per molti, soprattutto di fede repubblicana ma non manca qualche democratico, l’impianto accusatorio non si presenta come particolarmente solido e rafforza l’idea che le vicende giudiziarie del tycoon siano solo un pretesto per sabotargli la campagna elettorale delle presidenziali del 2024. Non è dato ancora sapere quante sono le possibilità che Trump venga condannato, anche se nonostante quello che sta accadendo sembra godere di un consenso sempre molto forte a scapito dei rivali repubblicani, i quali sono costretti ad inseguirlo nei suoi toni apocalittici per recuperare qualche punticino nei sondaggi. 

Comunque stiano o staranno le cose questa prima volta di un ex presidente indagato dalle autorità giudiziarie getta un’ombra molto lunga sulle istituzioni d’Oltreoceano. Da anni ormai la classe dirigente americana non sta dando una buona prova di sé. Conclusa l’era di speranze sempre più deluse di Barack Obama, gli Stati Uniti si sono impantanati in un dibattito pubblico dai toni a dir poco feroci.

Quante volte abbiamo sentito parlare in passato dell’America come il massimo esempio della democrazia occidentale, di questa contrapposizione quasi mitologica tra Repubblicani e Democratici che pareva dovesse riplasmare il globo con le ‘nobili cause’ dell’uno o dell’altro schieramento? Quasi niente di tutto questo è rimasto, a cominciare dal carisma dei leader in corsa. Altro che Lincoln, Roosevelt, Kennedy o Reagan o dei grandi progetti che hanno accompagnato queste figure come il New Deal o il Reaganomics. 

La contesa adesso è tra un candidato in cerca di una rivincita (per non dire vendetta) che non ha mai ammesso la propria sconfitta elettorale ed un presidente in carica che sconta un’età troppo avanzata nel contesto problematico in cui si trova a guidare la nazione più potente del mondo. Ognuno si propone a riflesso dell’altro, nel senso che bisogna votarlo quasi esclusivamente per tenere fuori la fazione avversa, mentre per capire che visione del paese vogliono portare avanti bisogna interpellare quasi un oracolo. 
La conseguenza di questo approccio è che il dibattito politico sta perdendo ogni parvenza di civiltà e si sta trasformando in una lotta senza esclusione di colpi, in cui si demonizza continuamente l’avversario e si frantuma così una società il cui tessuto è già molto sfilacciato per una serie di altre ragioni (economiche, geografiche, ecc.). 

Più che un modello per le democrazie occidentali gli Stati Uniti si stanno tramutando in una specie di antitesi di quello che dovrebbe essere, con i sintomi più esasperati di una degenerazione politica che interessa anche le democrazie europee ed asiatiche in modo più o meno marcato secondo il paese. Tale situazione è in stridente contrasto con lo strombazzato ricompattamento occidentale contro le emergenti autocrazie russe e cinesi, perché più che un’unità d’intenti esso risulta im prevalenza strumentale a fare opposizione contro il comune nemico. 

Se questo redivivo scontro “contro il male” dovesse avere una durata non troppo lunga la “coalizione dei volenterosi” (per riprendere un’espressione cara ai vecchi repubblicani) potrebbe anche reggere in qualche modo, ma col passare del tempo i fattori di disgregazione sopracitati finiranno per avere la meglio fino a mettere a repentaglio l’unità stessa del fronte occidentale.
Per vincere la sfida lanciata dalle potenze revisioniste, le democrazie liberali devono prima di tutto riflettere profondamente su cosa stanno diventando per riuscire prima o poi a guarire da questi mali e a rigenerare il proprio modello. Solo così possono renderlo nuovamente accattivante per quella parte di mondo che si sta ancora facendo strada nella comunità internazionale (Africa in primis). In alternativa il fronte anti occidentale ed antidemocratico è destinato non solo a rafforzare il proprio accerchiamento, ma anche a far breccia in quei (non pochi) paesi già sedotti dalla favola dell’uomo forte e del nazionalismo che renderanno il mondo un posto ben peggiore di quello che lamentiamo oggi.

Je suis Charlie – Medioevo da Terzo Millennio

>>>ANSA/TERRORE A PARIGI, 12 MORTI IN ASSALTO A 'CHARLIE HEBDO'Libertà d’espressione contro il silenzio imposto dal terrorismo, barbarie contro civiltà, cittadini contro immigranti. In questi giorni drammatici in Francia molti hanno interpretato gli eventi opponendo un valore ad un altro, a seconda della propria sensibilità o anche di squallide convenienze politiche.

Quel che preoccupa di più in questa tragedia, non è tanto il pericolo di uno scontro tra un bene e un male, ma lo spettro di un caos che sta prendendo il sopravvento sulla volontà di migliorare i mali della nostra società. Continua a leggere Je suis Charlie – Medioevo da Terzo Millennio

Cuba – Il lungo disgelo

Disgelo Cuba - Usa, Obama riallaccia i rapporti con Cuba“Todos somos americanos”. Questa frase detta ieri da Obama rievoca parole dette più di cinquant’anni da John Fitzgerald Kennedy a Berlino: quell’“Ich bin ein berliner” che evocava in modo così efficace la vicinanza tra due popoli a dispetto delle differenze.

Il destino volle che Kennedy fosse anche lo stesso presidente con cui la rottura tra gli Stati Uniti e Cuba raggiunse uno dei suoi punti più bassi, specialmente con la fallita invasione della baia dei Porci. Un evento avvenuto a ridosso della nascita dell’attuale presidente americano, come Obama ci tiene a sottolineare per marcare la lunga quanto insensata durata di questa divisione. Che sia giunto davvero il momento di spazzare via una delle ultime eredità della guerra fredda? Continua a leggere Cuba – Il lungo disgelo

Egitto – Il sogno sepolto

al sisiCon il recente proscioglimento in appello dell’ex rais Hosni Mubarak dall’accusa per aver ucciso centinaia di manifestanti nel 2011 la parabola politica egiziana sembra aver compiuto il suo ciclo per tornare esattamente al punto di partenza. Come se non fosse successo proprio niente in questi ultimi quattro anni.

All’indomani della sentenza il procuratore generale ha parlato di errori dei giudici e ha annunciato un imminente ricorso alla Corte Suprema per calmare una piazza il cui fallimento ha comunque ben poco da spartire con il destino del vecchio tiranno. Continua a leggere Egitto – Il sogno sepolto

Tunisia – Al largo i giovani

BejiIn un Levante preda dell’anarchia e del terrore dell’IS il normale svolgimento di elezioni democratiche si profila come un’oasi che sopravvive in un deserto di sabbie mobili. Questa è l’impressione che si può avere raccogliendo i vari commenti occidentali sulle legislative in Tunisia, considerata l’unico successo di una stagione altrimenti devastante per il resto della regione.

Superando di oltre dieci seggi il partito che ha governato il paese negli ultimi tre anni, gli islamisti di Ennhada, i laici di Nidaa Tounes si aggiudicano questo round politico sperando di bissare portando alla presidenza il loro leader ultraottantenne Béji Caid Essebsi (nella foto). L’alternanza suggerirebbe una maturazione politica invidiabile a vicini come la Libia e l’Egitto, dove le istituzioni vengono cambiate con la forza delle armi invece che di quella delle urne. Continua a leggere Tunisia – Al largo i giovani

Cina – Un incerto braccio di ferro

rivolta hong kongDopo una settimana di proteste e scontri violenti tra manifestanti e la polizia (più si dice qualche infiltrato delle triadi e simpatizzanti progovernativi) le piazze e le strade di Hong Kong si apprestano a tornare lentamente alla normalità.

Ho consapevolmente aspettato di trattare l’argomento in parte perché lo avevo già affrontato tempo fa, quando il malcontento era ancora in gestazione, in parte per non farmi coinvolgere dal facile entusiasmo dei media per una rivolta che i più ingenui ottimisti si auguravano potesse arrivare fino a Tian’anmen. O peggio replicare nel Porto Profumato lo stesso massacro del 1989. Continua a leggere Cina – Un incerto braccio di ferro

Ucraina, Georgia – La pericolosa ebbrezza del trionfo

20140627-174025-63625329.jpgCon la stessa penna del suo predecessore Viktor Yanukovich, il nuovo presidente ucraino Petro Poroshenko ha firmato oggi a Bruxelles la parte economica dell’accordo di associazione con l’Unione europea. Il rifiuto di questo stesso patto a novembre aveva scatenato la rivoluzione che di lì a poche settimane avrebbe rovesciato l’ex presidente, sconvolgendo il quadro politico e regionale con le conseguenze che conosciamo tutti.
Assieme all’Ucraina erano presenti i capi di Stato di altre due ex repubbliche sovietiche, la Moldavia e la Georgia, che hanno firmato anche loro l’accordo di associazione che segna un nuovo passo verso la loro integrazione in Europa. La scelta dei tre paesi non farà sicuramente piacere alla Russia, la quale a vent’anni dal crollo dell’URSS considera ancora questi territori legati ad una sua sfera d’influenza. Ma l’apparente trionfo potrebbe risultare indigesto anche per la stessa Europa. Continua a leggere Ucraina, Georgia – La pericolosa ebbrezza del trionfo

Cina – Il fascino tormentato del Dragone

20140625-182303-66183314.jpgQuando il 1 luglio 1997 la città di Hong Kong ritornò sotto sovranità cinese dopo oltre un secolo di dominio britannico, alla popolazione locale era stata data la garanzia che l’isola avrebbe mantenuto un tipo d’istituzioni diverso rispetto a quello mono partitico della Repubblica popolare cinese.
La coesistenza tra un governo non eletto e uno più liberale, riassunto con la celebre frase ‘un paese, due sistemi’, si sarebbe dovuto mantenere fino al 2047, lasciando non pochi dubbi sul futuro della democrazia dell’isola una volta superata questa scadenza. In realtà, a nemmeno dieci anni dall’entrata in vigore dell’accordo, esso ha già dato i primi segni di cedimento, tanto che il prossimo 1 luglio si terrà ad Hong Kong una grande manifestazione per difendere il suffragio universale. Continua a leggere Cina – Il fascino tormentato del Dragone

Cina – Wukan, un tormentato esperimento di democrazia

20140318-171034.jpgQuando più di due anni fa gli abitanti di Wukan, un villaggio di pescatori del Guandong, si ribellarono contro i funzionari locali del partito comunista, molti credevano che il seguito di questa trama fosse già scritto nel solco della repressione. Troppi gli interessi in gioco per dei politici così assetati di denaro da requisire senza alcuna vergogna la terra ai contadini, per poi rivenderla alle grandi imprese immobiliari del paese nella certezza di farla sempre franca.
Stanca di questo meccanismo perverso e aizzata dalla misteriosa morte in carcere di uno dei loro rappresentante, Xue Jinbo, la gente di Wukan finì col sollevarsi contro i governatori corrotti in una rivolta simile a molte altre schiacciare con la violenza. Eppure, tra lo stupore generale, i rivoltosi riuscirono non solo a cacciarli via, ma addirittura ad eleggere i propri rappresentanti senza che il governo si opponesse più di tanto a questa prova inedita di democrazia. Anche la Cina dunque si stava incamminando verso un sistema liberale?

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