Grecia – Bluff mortale

Tsipras soloIl referendum lanciato da Alexis Tsipras aveva acceso le speranze di milioni di persone, facendo credere che la volontà popolare potesse ancora opporsi alle imposizioni dall’esterno. E il risultato, la vittoria dell’oxi (no in greco) agli aiuti europei in cambio di nuovi sacrifici, aveva scatenato l’entusiasmo di chi non ne poteva più dei diktat della troika.

I cittadini avevano dunque ancora un margine di scelta sul proprio destino? Così è sembrato prima che un rapido quanto sconvolgente precipitare degli eventi ripiombasse i greci nel film dell’orrore dal quale credevano essere appena usciti.

L’uscita di scena dell’agguerrito ministro delle Finanze Yanis Varoufakis dopo il voto lasciava già presagire qualcosa di preoccupante sulla tenuta di Tsipras. In molti lo hanno letto come il giusto prezzo da pagare per continuare a trattare con Bruxelles, anche se gli sviluppi successivi fanno pensare che la sua assenza sia stata determinante per aprire una breccia nel muro greco.

Pochi giorni dopo infatti il governo di Atene si è piegato alle richieste dell’Europa, accettando con tanto di voto in Assemblea quelle stesse condizioni (e anche peggio) respinte a pochi giorni dalla consultazione popolare. Non si era mai visto in tempi recenti un tradimento così repentino e sfacciato nei confronti dei cittadini, non almeno nella “civile” Europa.

Viene da chiedersi se in fondo Tsipras non abbia semplicemente sbagliato i suoi calcoli, usando la minaccia del referendum per vedere se ciò potesse rendere gli eurocrati più malleabili nelle trattative. Bruxelles probabilmente avrà fiutato questo gioco e gli ha chiuso la porta in faccia per vedere se alla fine sarebbe veramente arrivato fino in fondo.

Per non perdere la faccia davanti ai suoi elettori, Tsipras non si è tirato indietro in attesa di un risultato che fino all’ultimo è stato molto incerto. Sebbene il no agli aiuti non fosse del tutto inaspettato, il premier ha dato prova di non avere la più pallida idea della strada da intraprendere in alternativa agli odiati negoziati con l’Ue, svuotando di senso la battaglia che gli ha fatto vincere le elezioni di gennaio.

Senza una bussola a dargli la giusta sicurezza è facile spiegare come mai Tsipras abbia ceduto quasi subito alle volontà dell’Ue, che ci sia stato o meno un “waterboarding mentale” della Merkel, Tusk e Schauble nell’incontro di lunedì. Il problema è che questa resa non è stata ben accolta dal suo stesso partito, che ha visto diversi dimissionari nel governo e si è spaccato a metà durante la votazione in Assemblea di questa notte.

Ora si torna a parlare di elezioni in autunno, un’eventualità molto realistica visto il capitale politico che il premier greco è riuscito a bruciare in così poco tempo. Ad aggravare la situazione è il crollo di fiducia del suo stesso popolo, che ieri a piazza Syntagma ha scatenato feroci proteste con molotov e arresti come se piovessero.

Viene da chiedersi chi mai potrebbe votare la gente ora che l’ultimo partito prima della sottile linea tra sistema e antisistema ha tradito le sue speranze. E a chi affiderà il proprio destino tutta quella gente che nell’esempio di Tsipras credeva che il voto democratico potesse ancora cambiare le carte in tavola nell’indecifrabile banco europeo? Il pericolo che questo malcontento si tramuti in violenza potrebbe ricevere uno stimolo non indifferente dall’ennesimo dramma greco.

 

 

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