Ancora una volta l’Europa si mette in allarme per i segnali che vengono dalle sue periferie più inquiete. Prima la Grecia con le sue dichiarazioni sul destino del proprio debito, poi il voto in Polonia e in Spagna che ha messo in allarme chi a Bruxelles auspicava la riconferma di governi più amichevoli.
Siamo di fronte all’ennesima spallata contro l’Unione Europea oppure il fenomeno ha una portata meno devastante di quello che sembra?
Per quanto riguarda la Spagna la vittoria alle amministrative del partito di sinistra Podemos – una forza più antisistema che antieuropea – ha avuto l’effetto di rimescolare il quadro politico come successe in Italia nelle ultime elezioni politiche, quando l’ingresso del Movimento 5 Stelle in Parlamento ha di fatto archiviato gli equilibri politici della Seconda Repubblica.
Resterà da capire se alle prossime elezioni generali che si terranno a fine anno il partito di Pablo Iglesias Turrion riuscirà a sfondare dalla breccia aperta con il voto di oggi, a spese tanto del Partido Popular di Mariano Rajoy che dei Socialisti.
Molto più complessa la situazione in Polonia, in cui sembra proseguire una tendenziale alternanza tra il partito centrista Piattaforma Civica che ha governato negli ultimi anni e quello conservatore di Diritto e Giustizia, ex feudo dei gemelli Kaczynski che si gode l’ascesa di Andrzej Duda alla presidenza della Repubblica.
Certo, una Polonia più nazionalista e atlantista rischia di non favorire il dialogo con la Russia, in aumentando la confusione di un soggetto politico la cui assenza pesa molto nella difficile risoluzione di crisi come quella ucraina e ancor più di quella mediorientale, che visti gli eventi degli ultimi giorni si sta aggravando in modo molto grave.
Decisamente preoccupante il caso greco, costretto ad ammettere che non pagherà la rata dovuta al Fondo Monetario Internazionale. Che si tratti di una confessione disperata, di un dispetto contro Berlino o di un bluff per capire chi tiene più duro la faccenda rischia di aggravare la salute dell’Eurozona con la possibile uscita di Atene dalla moneta unica. E anche se la troika dovesse decidere di correre in soccorso dei greci per non far crollare tutto quanto, il braccio di ferro sta raggiungendo livelli ormai insostenibili, quasi paradossali.