Dopo un’assenza dovuta ad impegni lavorativi eccomi di nuovo a scrivere di questa politica internazionale sempre più caotica. Dimenticate la Siria, la Libia o l’Iraq come se queste crisi si fossero magicamente risolte da sé, il tema caldo adesso è quanto sta succedendo in Yemen.
Di quanto stia messo male questo paese ne avevamo già parlato in precedenza, anche se l’attenzione mediatica si è svegliata solamente ora che la crisi ha iniziato a contagiare i paesi vicini. Ma a far discutere sono le contraddizioni che essa rivela dietro l’apparente distensione che ha accompagnato le trattative sul nucleare iraniano.
Mentre le cancellerie festeggiavano l’accordo di Losanna che in cambio della rimozione delle sanzioni impegnerebbe Teheran a ridurre ad un terzo la sua capacità di arricchimento dell’uranio, nella Penisola Arabica continuava nel frattempo a consumarsi la solita guerra per procura tra sauditi e iraniani.
In Yemen è in corso infatti una guerra totale molto simile a quella che sta già avvenendo in altri scenari disastrati dell’area: da un lato abbiamo il governo legittimo e dall’altro una fazione ribelle che tenta con successo o meno di rovesciarlo, il tutto condito da gruppi integralisti che non si schierano con nessuno e sperano di ritagliarsi un giorno una sfera d’influenza simile a quella dell’ISIS in Iraq e Siria.
Dietro a questi schieramenti ci sono i rispettivi sponsor che giocano la propria partita nell’ombra allo scopo di mantenere lo status quo oppure di modificarlo a loro vantaggio. Un copione che dall’inizio delle primavere arabe si è ripetuto più volte e ha dato un contributo non indifferente a destabilizzare la regione.
L’unica differenza con il passato è nella natura dell’intervento che sul campo yemenita vede in azione direttamente le forze militari dei maggiori contendenti. Mentre gli aerei di re Salman bombardavano il vicino meridionale e fondavano una sorta di NATO sunnita per arginare la ribellione degli Houthie , le navi di Teheran fungevano da strumento di pressione aumentando i bollenti spiriti dei due rivali.
In realtà questa situazione sembra proseguire l’escalation che dalle oscure manovre siriane sono passate ai primi raid egiziani in Libia fino all’attuale interventismo in Yemen. Il passo alla guerra aperta diventa sempre più corto.
Eppure nonostante il pericolo incombente a Losanna si è evitato accuratamente di discutere il destino di Sanaa. Avvicinarsi all’Iran per avere un potenziale appoggio contro l’Isis, ma al contempo lasciare che lo Yemen sia terreno di scontro nella comunità regionale priva di senso qualunque intesa raggiunta.