Ucraina – Trappola mortale

German Chancellor Merkel, Russia's President Putin and French President Hollande attend a meeting on resolving the Ukraine crisis at the Kremlin in Moscow“In mancanza di un accordo non resta che la guerra”. Le parole del presidente francese François Hollande al margine dei colloqui di Mosca per mettere fine alle violenze dell’Ucraina suonano quasi anacronistiche in un’Europa abituata da oltre mezzo secolo di relativa pace.

Anche volendo essere meno pessimisti l’aria che tira tra i grandi del pianeta resta comunque carica di tensione. Se da questo lato dell’Atlantico si fa di tutto per mantenere i toni al livello più basso possibile, dall’altra parte dell’oceano Obama e i suoi tuonano in modo sempre più forte contro Putin, quasi cercassero ad ogni costo lo scontro aperto. Siamo davvero alla vigilia di una nuova, impensabile grande guerra?

Per il momento soluzioni non se ne vedono all’orizzonte, visto che anche il suddetto vertice di Mosca non ha prodotto risultati importanti, come ha riconosciuto lo stesso Cancelliere tedesco Angela Merkel. E mentre nella valle del Donbass le fazioni in lotta continuano a massacrarsi gli occhi del mondo sono tutti puntati sull’incontro di oggi a Minsk, in Bielorussia. Lo stesso luogo dove peraltro lo scorso autunno vi fu siglato un accordo di disarmo che si è poi rivelato un clamoroso fallimento.

Si riuscirà a trovare un punto d’incontro? La ragione indurrebbe a pensare di sì, a dare per scontato che gli attori in gioco per il bene dell’ordine nazionale siano disposti a qualche rinuncia o compromesso. Tale poteva essere il ragionamento valido per la Minsk di settembre, quando lo scontro tra Occidente e Russia era stato da poco ufficializzato con le sanzioni varate contro la seconda.

Per la Minsk di oggi invece sono emersi degli elementi che complicano enormemente l’equilibrio tra le due parti e hanno l’effetto di assottigliare il margine di dialogo. Il primo di essi ne abbiamo già parlato, ovvero il fatto che nonostante la tregua concordata la guerra in Ucraina continua e sta diventando sempre più pesante.

Il secondo punto, di natura più squisitamente geopolitica, è la conclusione che le sanzioni e il gioco saudita per tenere basso il prezzo del petrolio – che mina però anche alla sostenibilità dello shale gas tanto amato dagli alleati americani – non sembrano scalfire minimamente la determinazione di Putin a perseguire i propri interessi nel suo vicino. E per dare prova di avere delle valide alternative nella regione il Cremlino prova a giocare da protagonista avvicinandosi alla Turchia, alla Grecia in ginocchio e all’Egitto di al-Sisi, con cui ha stretto in questi giorni vari accordi di natura economica e militare.

Di fronte alla sicurezza del rivale gli Stati Uniti temono che alla lunga la resistenza russa possa pagare con una vittoria schiacciante contro l’esercito stremato di Poroshenko, per il quale il tempo è un nemico altrettanto temibile dei miliziani filorussi. Per questo alla Casa Bianca, che teme una sonora sconfitta in una causa per la quale ha investito molto capitale politico, ventila con insistenza l’eventualità di armare direttamente i soldati di Kiev, specialmente se i negoziati di Minsk dovessero fallire. Una simile decisione se non equivale ad una guerra diretta tra Washington e Mosca ci manca veramente poco e avrebbe bisogno del minimo incidente per diventare tale a tutti gli effetti.

Ai tempi della guerra fredda l’America e la Russia facevano di tutto per evitare una qualsiasi escalation nel loro confronto. Oggi al contrario i due rivali non risparmiano occasione per infierire sulle debolezze dell’altro allo scopo di ammorbidirlo. Ma l’unico risultato raggiunto finora è quello di farsi saltare reciprocamente i nervi e aggravare un clima già di suo esplosivo.

La speranza è che dopo questo lungo bagno di orgoglio e calcolo miope la comunità internazionale torni ad avere la responsabilità che le è propria – Lucio Caracciolo in un suo editoriale su Limes si chiede dubitando molto se oggi sarebbe possibile una nuova Jalta – strappando un accordo che possa allo stesso tempo calmare le tensioni internazionali e soprattutto garantire la pace nella travagliata Ucraina. In mancanza di uno dei due elementi tra qualche mese torneremo sull’orlo del baratro e non è detto che la ragione in tal caso muova nuovamente i protagonisti della scena.

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