Unione Europea – Semestre annacquato

Renzi semestreDoveva andare a Bruxelles per dare uno scossone all’Europa, ma forse la spallata ha fatto più male a lui che alla vittima designata, sempre che poi l’abbia voluta effettivamente dare. Questa almeno è l’impressione che si ha tracciando un primo bilancio del semestre europeo a guida italiana firmato Matteo Renzi, il quale passa ora lo scettro alla Lettonia.

La presidenza Ue si è conclusa lo stesso giorno delle dimissioni di Giorgio Napolitano, aprendo uno scenario pieno d’incognite sul futuro del Quirinale. Non siamo comunque qui per discutere delle (spesso squallide) manovre che attenderanno la politica italiana nei prossimi giorni. Piuttosto resta da segnalare che il premier ha confermato in Europa un giudizio che molti hanno espresso già in patria: alle tante chiacchiere del debutto sono seguiti ben pochi fatti.

Personalmente nutrivo qualche speranza quando Renzi fece il suo roboante ingresso criticando il distacco degli euro-burocrati, puntando invece su un approfondimento tra Bruxelles e i cittadini, poiché spesso discutiamo di Europa senza sapere effettivamente come funziona. Non mi era dispiaciuta nemmeno la provocazione di rendere pubblica la lettera che la Commissione di Barroso aveva inviato al governo italiano in merito alla legge di stabilità.

Questa sorta di denuncia contro le manovre di palazzo faceva credere ad una parte di me che la mossa servisse a mettere in imbarazzo l’euroapparato per esercitare maggiore pressione su di esso. Un’altra parte invece temeva che essa fosse solo l’ennesima sceneggiata per dare a vedere al proprio elettorato – il quale lo aveva da poco incensato con più del 40% delle preferenze alle elezioni europee, un numero diventato un mantra come gli 80 euro – che il premier faceva la voce grossa, senza però far seguire chissà che cosa.

Alla fine purtroppo quest’ultima sensazione sembra aver avuto ragione, perché dopo l’episodio della lettera (spartiacque del semestre) non è accaduto più nulla, o quasi. Tranne qualche accordo sull’ambiente per quanto riguarda la limitazione delle emissioni di CO2, gli Ogm e la diffusione dei sacchetti di plastica, la presidenza Renzi ha cambiato ben poco degli equilibri vigenti.

Qualche spiraglio lo ha aperto sul tema immigrazione sostituendo l’operazione Mare Nostrum col programma Triton di Frontex, l’Agenzia europea che si occupa delle frontiere Ue. La conseguenza di questo passaggio di consegne dovrebbe essere una redistribuzione della gestione del problema migranti, finora per la maggior parte sulle spalle dell’Italia. La qualità del risultato tuttavia resta ancora da vedere, essendo la missione partita da appena due mesi.

È andata peggio con l’economia, dove ha messo in guardia contro l’austerity e ha chiesto aggiustamenti come la rimozione degli investimenti nel calcolo del rapporto deficit/Pil, togliendo quindi risorse preziose dal computo di un debito che rischia altrimenti di non esaurirsi mai. In cambio ha ricevuto vaghe promesse e qualche assenso, il che vista la situazione è veramente un misero bottino.

La nomina della Mogherini a ‘ministro degli Esteri’ di Bruxelles suona infine come la beffa che completa il tutto, visto che l’Unione sta scontando come non mai la sua irrilevanza internazionale. A causa delle divisioni che rendono impossibile lo sviluppo di una politica estera a livello veramente continentale il dicastero della Mogherini risulta essere uno dei meno rilevanti del momento, facendo pensare che forse l’Italia avrebbe dovuto puntare su qualche carica interna, specialmente economica, laddove ci sarebbero state battaglie molto più importanti da combattere. È stata una svista o è mancato il coraggio politico che alla fine si è accontentato di un incarico di prestigio, ma tutto sommato ininfluente?

Tanto fumo e poco arrosto insomma il giudizio finale di questi sei mesi di presidenza Ue in mano a Renzi, per il quale la partita europea negli ultimi tempi sembrava essere ormai insignificante di fronte a quella molto più decisiva – per il suo destino politico – del Quirinale. Un’occasione davvero sprecata per il bene di un’Europa apparentemente incapace di mettersi in discussione malgrado questo suo comportamento produca effetti sempre più destabilizzanti.

Solo per citarne uno in Grecia si tornerà a votare per la terza volta in due anni e mezzo e non si sa se dopo il voto Atene riuscirà finalmente a trovare la pace oppure subisca il lungamente annunciato colpo di grazia, ovvero l’espulsione dall’eurozona. Dopo la Lettonia, la presidenza di turno passerà prima al Lussemburgo e poi ai Paesi Bassi, membri di quel fronte del rigore che in fondo non si è sentito più di tanto minacciato dal teatrino italiano. Il nostro prossimo treno passerà minimo il prossimo decennio. Per allora chissà.

 

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