Due settimane dopo e ancora nessuna risposta. Si sta scrivendo davvero una brutta storia in Messico, nello stato meridionale di Guerrero, dove non si ha più notizia di una cinquantina di studenti scomparsi nel nulla dopo che avevano protestato contro la riforma scolastica.
La manifestazione era presto degenerata in un clima di guerriglia, mettendo contro da un lato il corteo e dall’altro delle forze dell’ordine che definire brutali equivale ad usare un eufemismo.
Tutto è cominciato lo scorso 26 settembre quando degli studenti appartenenti alla scuola Raul Isidro Burgos di Ayotzinapa si sono riuniti nella città di Iguala, 200 km a sud di città del Messico, nello stato di Guerrero, per manifestare contro una riforma dell’istruzione e del lavoro che considerano discriminatoria specialmente per gli abitanti delle zone rurali.
In men che non si dica i ragazzi sono stati aggrediti da uomini armati e dalla polizia locale che dopo gli scontri iniziali hanno iniziato a sparargli addosso, seminando il panico generale per le strade di Iguala.
Come se non bastasse alcuni di loro sono stati inseguiti mentre fuggivano su un autobus, finendo addirittura sotto il fuoco di una mitragliatrice di cui non è ancora ben chiaro se fosse in mano criminale o della polizia.
Risultato di quest’ultimo assalto: tre morti, più altri tre che si sono aggiunti nella serata. L’esito più controverso resta però la scomparsa di più di 40 studenti, che si dice siano stati prima circondati dalla polizia e poi consegnati ai Guerreros Unidos, una gang criminale legata al narcotraffico che prospera in questa e molte altre regioni del paese.
Qualunque sia l’esatta dinamica dei fatti resta l’operato discutibile delle forze dell’ordine, le quali invece di assicurare lo stato di diritto sembrano aver contribuito ad eclissarlo per dar voce alla forza bruta pura e semplice. L’ambiguità di quest’atteggiamento è palpabile anche tra i giornali del posto, come il Diario de Guerrero, che invece di condannare l’azione degli agenti si congratula per aver ‘messo ordine’.
Il governo ha cercato di riprendere il controllo della situazione arrestando una ventina di poliziotti coinvolti nella triste vicenda e lo stesso presidente messicano Enrique Pena Nieto è comparso in televisione promettendo di scovare e punire i responsabili di una simile atrocità.
La mancanza di qualsiasi notizia certa – a parte il ritrovamento di una fossa comune non lontano da Iguala, dove si teme vi siano i corpi di alcuni dei ragazzi scomparsi – ha fatto montare la rabbia della gente fino a quando non è esplosa contro le autorità di Guerrero.
Dopo aver chiesto a gran voce le dimissioni del governatore Angel Aguirre, i manifestanti hanno preso d’assalto i palazzi governativi della capitale regionale di Chilpancingo. Alla fine nel complesso è scoppiato un incendio che ne ha distrutto buona parte e la protesta promette di continuare se non verrà fatta chiarezza sui fatti di Iguala.
Rispetto ad altre ‘tigri’ (non più tanto emergenti) come Brasile o Sudafrica, il Messico sta rivelando uno stato di coesione sociale molto più esplosivo e destabilizzante. Fino a quando l’economia andava bene questi problemi sembravano essere ridimensionati (o meglio dimenticati), salvo riemergere in una virulenza che lascia sconvolti.
Forse fino a quando i dati sull’economia resteranno incoraggianti le autorità continueranno a far finta di nulla. A lungo andare però queste storture rischiano di mettere a repentaglio tutte le belle speranze, mentre prevedere che effetto avranno quando la situazione sarà tutt’altro che rosea sarà un esercizio degno di una sceneggiatura da film horror.