Dopo quasi sei mesi di stallo dal voto di aprile l’Afghanistan ha finalmente un nuovo presidente. Si chiama Ashraf Ghani e si era candidato già nel 2009, fermandosi ad un misero 2,94 % dei voti, quando tra gli sfidanti c’era ancora l’ingombrante Hamid Karzai.
Oggi è tutt’altra storia visto che Ghani ha ottenuto un più che rispettabile 55%. Si chiude così dopo 13 anni la lunga èra Karzai, alimentando le speranze di chi vuole che l’Afghanistan si emancipi dall’ombrello americano e possa incamminarsi in un percorso più democratico. Sarà veramente così?
Rispetto a Karzai, Ghani ha tra le frecce del suo arco un profilo più internazionale, avendo studiato e insegnato in America ed essendo stato anche membro della Banca Mondiale. Ciò potrebbe aiutarlo a destreggiarsi meglio nella politica estera, la quale avrà un ruolo decisivo in vista dell’imminente ritiro della missione Isaf.
Da questo punto di vista Ghani ha già rinnovato l’alleanza con l’Occidente firmando con Stati Uniti e NATO due accordi (rispettivamente Bsa e Sofa), ripetutamente ostacolati da Karzai, per mantenere una presenza limitata di truppe oltre la scadenza dell’Isaf alla fine di quest’anno.
In ambito interno Ghani può contare sull’appoggio di molte tribù afghane, dote della sua precedente vicinanza a Karzai, di cui è stato ministro delle Finanze tra il 2002 e il 2004. Al contempo per placare i malumori dello sfidante Adbullah Abdullah gli ha aperto le porte del governo per iniziare il suo mandato con un esecutivo di unità nazionale.
Le incertezze sul futuro che attende il primo presidente post-Karzai sono tante, a cominciare dall’irriducibile minaccia talebana, che hanno accolto la nuova presidenza con degli attentati nella stessa Kabul, uccidendo almeno tre persone. La sfida principale sarà garantire opportunità concrete per l’esercito di giovani (quasi il 70% della popolazione) che compone il paese.
Per riuscirci ci sarà bisogno di ritmi di crescita sostenuti che un’economia che ha ancora molto da dire come quella afgana può schiudere. A condizione che vengano meno tante di quelle storture che hanno caratterizzato la lunga presidenza Karzai.
Una di esse ad esempio è stato il dirottamento di buona parte dei cospicui aiuti internazionali nelle tasche di pochi. Un caso esemplare è quello ad esempio della Banca di Kabul, istituto fallito nel 2010 dopo aver registrato un miliardo di dollari di perdite, una delle truffe più grandi mai registrate nella storia bancaria.
Parecchi membri dello staff della banca sono stati incarcerati per corruzione e altri reati, sebbene per molti cinque anni di prigione sarebbero troppo pochi per furti che vanno nell’ordine di svariate centinaia di milioni di dollari. E qualcuno l’ha scampata anche molto meglio ottenendo l’immunità, vale a dire i fratelli dell’ex presidente Karzai, anch’essi coinvolti nella vicenda.
All’indomani della sua nomina, Ghani ha già promesso di riaprire le indagini sulla questione. Dall’esito si capirà se il nuovo corso vorrà essere o meno in discontinuità con un passato che potrebbe mettere molta sabbia tra gli ingranaggi democratici dell’Afghanistan.