Ucraina – Oligarchia al cioccolato

20140526-170757-61677807.jpgMentre ieri l’Europa registrava il malcontento di milioni di elettori, specialmente in Francia, Regno Unito e Danimarca, nell’Ucraina devastata dalla rivoluzione e da violente pulsioni separatiste si è votato invece per fare un altro passo nella sua direzione.
Come previsto da settimane di sondaggi sembra che il vincitore delle presidenziali sarà il magnate Petro Poroshenko, il quale avrebbe già strappato la vittoria al primo turno con una percentuale superiore al 55%. Per molti un uomo come lui sembra essere l’uomo giusto per mediare le profonde divisioni politiche, essendo un uomo incline al compromesso, o meglio un oligarca veramente adatto a tutte le stagioni.

Poroshenko, originario di Odessa, è meglio conosciuto come il ‘re del cioccolato’ per via del suo grande impero dolciario, che lo ha reso uno degli uomini più ricchi del paese. La sua carriera non si distingue perciò molto da quella di altri businessmen ucraini, che sono accomunati da imperi estesi in più ambiti e da un’affiliazione politica che varia a seconda di come soffi il vento.
La sua carriera politica iniziò infatti al fianco dell’ex presidente Leonid Kuchma, allontanandosene per poi ritornarvi, salvo poi rompere con il ‘delfino’ Yanukovich per appoggiare la Rivoluzione Arancione del 2004 di Yushenko, sostenendolo con la sua emittente televisiva 5 Kanal. Dopo il fallimento della prima esperienza rivoluzionaria si riavvicinò a Yanukovich, del quale diventerà persino ministro del Commercio, ma non esiterà a schierarsi con Euromaidan, che inizierà fin da subito a fare il suo nome come possibile figura guida del nuovo corso.
Perché proprio lui? A differenza di altri suoi importanti colleghi, Poroshenko rappresenta probabilmente la giusta misura per uno Stato che solo nel suo nome – ‘Ucraina’ slavo antico significa ‘regione di frontiera’ – raccoglie tutte le difficoltà di come collocarsi in mezzo a due mondi. Troppo filoccidentale la Thymoshenko, che non sarebbe riuscita ad ottenere neppure un 20% di preferenze; troppo controverso il ‘re di Donetsk’ Rinet Akhmetov, un oligarca sicuramente più potente di Poroshenko, il cui appoggio al governo centrale ha però fatto infuriare i filorussi che ieri gli hanno impedito persino di andare a votare.
La posizione di Poroshenko al contrario tenta di accontentare tutti ribadendo il processo d’integrazione in Europa, ma ribadendo allo stesso tempo che l’adesione alla NATO per ora è fuori discussione e che è necessario mantenere un buon rapporto con il vicino russo. E puntuale arriva il sostegno sia da parte dell’Occidente, che si dice soddisfatto dell’andamento delle elezioni, che del ministro degli Esteri russo Lavrov, il quale si dice pronto a dialogare con il nuovo presidente.
Certo, rimangono dei punti ancora in sospeso. Come prima cosa le questioni di sovranità nazionale, iniziando dalla Crimea, che Poroshenko continua a considerare appartenente all’Ucraina, o le regioni dell’est, dove ancora si combatte e si muore, com’è accaduto in questi giorni a Sloviansk ad un fotoreporter italiano, Andrea Rocchelli. Per finire con un regime che nonostante gli sconvolgimenti di febbraio continua ad essere dominato da una cricca di oligarchi che no hanno problemi a scambiarsi le poltrone, purché non sia messo a repentaglio il sistema. Quello che poteva accadere se Yanukovich si fosse avvicinato troppo a Putin, celebre proprio per aver spazzato gli oligarchi che avevano paralizzato la Russia negli anni Novanta. Ma il pericolo per gli oligarchi è in agguato anche nel caso in cui il paese si avvicinasse troppo all’Europa, la quale dopo i generosi aiuti potrebbe chiedere delle riforme alla lunga incompatibili con i loro interessi acquisiti. Il futuro della presidenza Poroshenko ci dirà se Euromaidan avrà rappresentato davvero una svolta per l’Ucraina o l’ennesimo flop come lo fu la rivoluzione arancione di dieci anni fa. E con questi elementi purtroppo il sospetto che si voglia cambiare tutto affinché nulla cambi resta quello prevalente.

Foto evidenza EPA

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