Azerbaijan – Tutti a corteggiare i signori del petrolio

 

20140321-173321.jpg“All’inizio l’Europa venne stata creata come una comunità del ferro e dell’acciaio. Sessantaquattro anni dopo […] è chiaro che dobbiamo andare in direzione di un’unione energetica”. A pronunciare queste parole è stato il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, in occasione della firma di oggi dell’Accordo di associazione con l’Ucraina, il primo passo per l’adesione di Kiev all’Unione europea.
Non è un caso che Van Rompuy abbia scelto quest’evento – durante il quale ha annunciato, facendo infuriare la Russia, analoghi accordi entro l’estate con la Georgia e la Moldavia – per aprire una nuova fase della strategia energetica dell’Ue. Tutti si aspettano che la difficile situazione in Ucraina, con le relative sanzioni che Occidente e Russia si stanno imponendo l’un l’altro, porterà inevitabilmente a rincari di gas e petrolio, almeno fino a quando l’Europa continuerà a dipendere quasi esclusivamente dalle forniture di Mosca. Il momento potrebbe dunque rispolverare alternative che si pensavano abbandonate in soffitta.

Una potrebbe essere il ricchissimo Turkmenistan, di cui abbiamo parlato già qualche settimana fa, citando al riguardo l’ambizioso oleodotto Transcaucasico. Proprio sul percorso di quest’ultimo c’è un altro potenziale partner, il quale se da una parte chiede a Bruxelles di giocare una partita molto più accorta, promette un bottino che non ha nulla da invidiare a quello di Ashgabat. Stiamo parlando dell’Azerbaijan, altra ex repubblica sovietica che si trova sul versante orientale del Caucaso.
Grazie ai ricchissimi giacimenti di Chirag e Shah Deniz, nel solo 2013 la produzione energetica di Baku ha raggiunto l’impressionante quota di 44 milioni di tonnellate di petrolio e più di 20 miliardi di metri cubi di gas.
Per dare un’idea delle risorse azere, basta pensare che esse superano ampiamente i livelli turkmeni, i quali per petroli si fermano ancora a 10 milioni di tonnellate, mentre per il gas non arrivano neppure alla metà della produzione del suo vicino. Ciò da un lato è dovuto al fatto che l’industria di Ashgabat deve ancora sviluppare molto del suo potenziale, mentre l’Azerbaijan poggia su sistema ben rodato, che per questo ha dato vita ad una serie di progetti molto più fattibili dell’oleodotto Transcaspico. Uno di essi è il collegamento Baku-Tblisi-Ceyhan, un oleodotto completato nel 2006 e in grado di trasportare fino ad un milione di barili di petrolio al giorno dall’Azerbaijan alla Turchia.
Parte proprio dalla Turchia il prossimo disegno di SOCAR, la compagnia statale azera, che in questi anni ha fatto già shopping di molte aziende turche per consolidare la sua posizione. Recentemente la SOCAR si è spinta fino in Grecia, dove ha comprato una consistente quota azionaria dell’operatore per il trasporto di gas DESFA, e sta pensando d’investire anche in Albania.
Le mosse azere si ricollegano tutte ad un nome: TANAP. Quest’ultimo, meglio conosciuto come Oleodotto Transanatolico, è un progetto sponsorizzato da SOCAR, che dovrebbe vedere l’inizio dei lavori entro quest’anno con lo scopo di proseguire il percorso dell’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyhan lungo tutta l’Anatolia, per finire in Grecia o in Bulgaria. La sua realizzazione potrebbe rafforzare lo sviluppo di altri progetti di rete energetica europea come il (dato per disperso) Nabucco, un oleodotto che dovrebbe collegare Bulgaria, Romania, Ungheria e Austria, oppure l’Oleodotto Transadriatico, il quale dopo aver attraversato la Grecia, l’Albania e il Mar Adriatico finirebbe per sbarcare in Puglia.
Non c’è dubbio che rispetto all’Oleodotto Transcaspico, il quale sarebbe un ulteriore valore aggiunto al sistema, questi progetti risultino molto più tangibili, attirando inevitabilmente l’attenzione di un’Europa che nella situazione attuale ha disperatamente bisogno di nuovi partner energetici. Insomma un’affare d’oro che non bisogna assolutamente lasciar scappare.
Sicuramente, ma in tutta questa storia c’è un rovescio della medaglia che non bisogna affatto sottovalutare. Da un lato abbiamo un rapporto tra l’Europa e l’Azerbaijan segnato da una profonda ambiguità, ben riassunto dalla cosiddetta ‘diplomazia del caviale’, ovvero la pratica discutibile di fare ricchi doni ai delegati europei – tra cui una scorta da migliaia di euro del raffinato caviale locale – per fare lobby tra le istituzioni europee. E già che ci siamo chiedergli pure di chiudere un occhio su un sistema politico dagli standard non proprio esemplari, il che spiega come mai in vent’anni gli azeri non siano ancora riusciti ad emanciparsi dal dominio alla presidenza della Repubblica della dinastia Aliyev.
A far drizzare i capelli è però una questione molto più esplosiva, vale a dire il mai sopito conflitto con la vicina Armenia per la regione del Nagorno-Karabakh, formalmente sotto sovranità azera, ma occupata de facto dalle forze di Erevan dalla metà degli anni novanta. Il fallimento di ogni negoziato in merito ha esasperato sempre più il governo azero, che ha aumentato in modo esponenziale le sue spese militari, rovesciando pesantemente l’equilibrio a suo favore, grazie anche all’isolamento quasi totale dell’Armenia nell’area.
Quasi totale, appunto, perché si dà caso che uno dei pochi alleati del piccolo stato armeno sia la Russia. A questo riguardo lo scorso autunno Erevan ha deciso di schierarsi apertamente con Mosca e la sua Unione doganale invece che firmare l’Accordo di associazione con Bruxelles. Il rafforzamento della cooperazione militare tra Russia e Armenia complica molto la situazione in campo, dove è un miracolo che non sia scoppiata una nuova guerra tra Armenia e Azerbaijan.
I rispettivi eserciti infatti continuano a spararsi e ad uccidersi sul confine come se nulla fosse, falciando tra le due parti solamente nell’ultimo anno circa venti soldati. I rischi di una possibile escalation sono dunque molti e considerando la tensione attuale tra Europa e Russia, ciò potrebbe aprire tra loro una ferita molto simile (dal punto di vista strategico) a quella che si è aperta in Ucraina. L’Azerbaijan insomma ha tutte le caratteristiche di una vera scommessa, per non dire dell’azzardo.

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