Cile – Hidroaysen, la diga che minaccia la Patagonia

20140320-165331.jpgQuasi alla fine del mondo si trovano due grandi fiumi che attraversano un frastagliato paesaggio montano che potrebbe sembrare lo splendido Yukon canadese dei minatori del Klondike, ma invece si trova nella Patagonia cilena non per questo meno stupefacente. I due corsi d’acqua, conosciuti col nome di Baker e Pascua, scorrono per un tratto non lunghissimo, ma comunque impetuoso fino a sfociare nell’Oceano Pacifico.Nonostante una portata d’acqua dal grande potenziale idroelettrico, nessuno è riuscito finora ad alterare questo spazio. Nemmeno la dittatura di Pinochet, che con il suo neoliberismo avrebbe potuto spianare la strada ad uno sfruttamento. Ciò non vuol dire che di progetti in cantiere non ce ne siano, anzi il principale di loro ha fatto parlare molto di sé in questi anni. Si chiama Hidroaysen, un sistema di dighe e centrali che interesserà tutta l’area, nel quale anche noi italiani stiamo giocando un ruolo di prim’ordine.

Uno dei membri del consorzio che sta dietro Hidroaysen è Endesa Cile, controllata da Endesa, la più grande società elettrica spagnola. Questa a sua volta appartiene all’italiana Enel, la quale dal 2009 detiene oltre il 90% del suo pacchetto azionario. Il progetto, dal costo che si aggira sui 10 miliardi di dollari, prevede la costruzione di cinque enormi dighe sul percorso dei fiumi della regione Aysen, tra cui rientrano ovviamente il Baker e il Pascua. Un articolato sistema di trasmissione collegherà le centrali delle dighe, che dovrebbero arrivare a produrre oltre 2700 MW, fino alle città e soprattutto alle miniere che si trovano più a Nord.
Non stupisce dunque che ci sia grande entusiasmo nel mondo imprenditoriale per un piano ambizioso come quello di Hidroaysen, tanto che il presidente della Confindustria cilena, Hermann von Mühlenbrock, lo ritiene un elemento indispensabile per rafforzare l’indipendenza energetica del Cile. Il loro obiettivo è quello di riuscire a generare tramite le nuove centrali almeno un terzo dell’energia elettrica sul totale che si stima sarà il fabbisogno del paese nel prossimo decennio.
Non la pensano così invece gli abitanti e i gruppi ambientalisti locali ed internazionali, i quali hanno denunciato i pericoli che un progetto così invasivo potrebbe arrecare in una delle più splendide zone incontaminate del Sud America. Si calcola che le dighe dovrebbero causare l’allagamento di 6000 ettari (un’area grande più o meno quanto San Marino) e le attività correlate al progetto rischierebbe di minacciare anche i ghiacciai nei pressi del Lago Bertrand, dove nasce tra l’altro proprio il fiume Baker. Alcuni mettono in guardi anche sulla frequente attività sismica che interessa il Cile, della quale abbiamo avuto, neanche a farlo apposta, l’ennesima prova con un terremoto di magnitudo 6.7 che ha colpito il nord del paese questo martedì.
Tanti, forse troppi punti interrogativi su un piano che se da un lato hanno visto l’intransigenza della Corte Suprema che ha respinto i ricorsi delle associazioni ambientali, dall’altra ha inevitabilmente raffreddato gli entusiasmi del governo uscente di centrodestra del presidente Sebastián Pinera. Eppure tra i suoi ultimi atti prima di cedere il posto al nuovo presidente Michelle Bachelet, c’era stato proprio la risoluzione di una trentina di ricorsi contro Hidroaysen che riguardavano prevalentemente questioni d’impatto ambientale.
Ieri tuttavia è arrivato il dietro front del nuovo Consiglio di Ministri della Bachelet, i quali avrebbero rilevato che una parte dei ricorsi discussi a gennaio sarebbero viziati da procedure illegali, costringendo l’esecutivo a pronunciarsi nuovamente entro i prossimi sessanta giorni. Se il neo ministro dell’Energia Maximo Pacheco abbia tentato di ridimensionare la portata della decisione del governo, parlando di una una “ridefinizione più ampia” dei piani energetica che non riguarda solo Hidroaysen, in molti collegano questo colpo di scena alla volontà politica della Bachelet, che non ha mai nascosto la sua opposizione al progetto. Nel frattempo la Patagonia potrà vivere sonni tranquilli per un altro po’ di tempo.

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