Le cose sembravano mettersi davvero male per Djamel Ghanem, vignettista del quotidiano La Voix de l’Oranie. Denunciato dal suo stesso datore di lavoro per una scenetta che parlava dell’anziano presidente algerino Abdelaziz Bouteflika, il disegnatore vedeva davanti a sé la minaccia di una condanna a 18 mesi di prigione e al pagamento di una multa di 30.000 dinari algerino, che equivalgono all’incirca a 300 euro. Oggi dai giudici dell’Oran è arrivato l’atteso verdetto di una questione che ha messo a nudo lo stato pietoso della libertà d’espressione in Algeria.
Per fortuna, come ha fatto sapere il suo avvocato, Djamel Ghanem è stato prosciolto da tutte le accuse. Ciò non toglie che il fatto che un vignettista sia stato trascinato in tribunale per un disegno neanche pubblicato renda la situazione nel paese davvero problematica. Il suo crimine è stato quello di aver osato fare una caricatura del padre-padrone dell’Algeria, uno dei pochi leader regionali ad essere uscito quasi indenne dalla stagione delle primavere arabe e che adesso si dice pronto a correre per un quarto mandato presidenziale.
Classe 1937, ex-combattente della guerra di liberazione e ministro degli Esteri ai tempi della presidenza Boumédienne, Bouteflika siede alla carica di capo di Stato fin dal 1999. Allora erano i tempi della guerra civile esplosa quando l’onnipotente Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), dopo aver tentato di aprire il sistema politico nazionale al multipartitismo, scelse poi di ripensarci annullando le elezioni del 1991 che stavano aprendo la strada del governo al Fronte Islamico di Salvezza.
Seguì una sanguinosa lotta intestina tra i golpisti del FLN e i miliziani islamisti, che in dieci anni di lotte avrebbe causato decine di migliaia di morti finché, con l’avvento di Bouteflika, non venne concessa un’amnistia ai guerriglieri che però non avrebbe trovato una piena adesione, tanto che alcuni sarebbero poi confluiti con il movimento al-Qaeda per dare vita alla cellula del Maghreb.
Nonostante il passare degli anni dalla fine della guerra civile, il paese avrebbe continuato a vivere in uno stato di emergenza che rendeva impossibile l’affermazione di qualunque oppositore al regime del FLN. Del resto gli eventi internazionali erano particolarmente favorevoli a Buoteflika, essendo l’epoca della guerra al terrorismo che il presidente sfruttò a suo vantaggio per mostrarsi come l’unico garante in un paese che ha vissuto sulla propria pelle la ‘minaccia jihadista’. E l’Occidente, compiaciuto, in cambio ha chiuso un occhio come per molti altri dittatori.
Molti di quegli stessi dittatori sarebbero poi caduti nelle proteste del 2011, ma non è stato il caso dell’Algeria, dove la protesta è stata molto meno ‘cruenta’ e tranne la fine dello stato di emergenza ha ottenuto ben pochi risultati rispetto agli altri paesi. Una prova di ciò è stata l’Odissea vissuta da Djamel Ghanem, finito quasi in carcere per delle semplici indiscrezioni sulla sua vignetta. Uno dei motivi che ha scatenato tanta rabbia sarebbe l’essersi preso gioco di un presidente che versa in uno stato di salute molto incerto, per il quale è stato costretto ad un ricovero (non il primo) a Parigi durato ben quattro mesi.
Gli effetti di questa ricaduta si potevano vedere ancora pochi giorni fa, quando il vecchio presidente è ricomparso al pubblico in condizioni non proprio eccellenti per confermare la sua candidatura alle presidenziali del prossimo aprile. Una corsa che partirebbe viziata in partenza, in quanto alcuni partiti come quelli islamisti hanno deciso di boicottare il voto. E sebbene la comunità internazionale abbia in programma di mandare degli osservatori durante lo scrutinio, ben pochi dubitano dell’ennesima vittoria del vecchio leone. Poco importa se in caso di un suo successivo ritiro, o peggio di un’improvvisa dipartita, all’orizzonte ci siano più militari che dei veri politici. Aegyptus docet.