“Il film deve far pensare e riflettere, ma le sovrastrutture intellettuali non devono mai sovrapporsi o occultare l’esperienza del piacere, l’impatto di catarsi quasi viscerale con quello che si guarda e che riappropria lo spettatore di un ruolo attivo di immaginazione, sperimentazione, creazione di significati…” James Cameron
Quando nel 1989 uscì nelle sale il film The Abyss diretto da James Cameron nessuno si sarebbe aspettato che il suo più grande capolavoro trovasse un così poco appoggio da parte del pubblico. La critica stroncò la pellicola definendola troppo celebrale, troppo surreale. Certamente è il più visionario e il più coraggioso, successivo ad altri due capolavori quali Terminator (1984) e Aliens (1986).
La capacità più spiccata di questo regista è senz’altro quella di creare ambienti e tecnologia capaci di fondersi dando vita ad una contaminazione di generi: attraverso la sperimentazione divengono cardine creativo la macchina, l’acqua, la luce e il chiaroscuro. Questi elementi sono protagonisti dei suoi film.
Primo fra tutti il Terminator, un film nato dalla volontà di mostrare i rapporti nefasti tra individuo e tecnologia che è certamente il manifesto dell’intenzione di celebrare la macchina come nuova frontiera umana, nuova suggestione, una nuova dimensione di male e oscurità. Fatta di totale assenza di emozioni, sentimenti e coscienza questo nuovo tipo di mostro conduce allo svuotamento inevitabilmente, verso un baratro artificiale di cemento e transistor.
Il cinema di Cameron dietro la sua spettacolarizzazione, la sua esperienza di puro intrattenimento e piacere, nasconde una dimensione intellettuale più alta che ha come scopo lo studio delle intersezioni esistenziali tra uomo e progresso, tra macchine e pianificazione del futuro.
Con Terminator (ha diretto anche il sequel Terminator 2), Aliens, The Abyss, Titanic e Avatar, Cameron ha introdotto nel mondo del cinema tecnologie visive all’avanguardia attraverso un perfezionismo nuovo e aperto al futuro dell’immagine.
Cameron ha trasformato l’amore viscerale per le cose inanimate in attenzione per sentimenti puri, vivi, umani. Il multi livello dei suoi film è quindi una sorta di sintesi tra una pittura impressionista e una puntinista che mescola i contorni e confonde le normali certezze. Da tale indefinitezza, dalle ceneri delle convenzioni e delle sicurezze non può dunque che emergere una nuova forma di vita più astuta e adattabile: la macchina.
“Le macchine emersero dalle ceneri dell’incendio nucleare. La loro guerra per sterminare il genere umano aveva infuriato per anni e anni. Ma la battaglia finale non si sarebbe combattuta nel futuro: sarebbe stata combattuta qui, nel nostro presente… Oggi”. Terminator, voce fuori campo.