Bangladesh – Urne di sangue

20140106-150137.jpgChe senso ha votare per eleggere un parlamento che comunque vada garantisce automaticamente al partito di governo più della metà dei seggi? Devono aver pensato i sostenitori dell’opposizione che nel manifestare contro il voto farsa hanno però scatenato un clima da vera e propria guerriglia, come pure il bilancio che registra una ventina di morti e centinaia di feriti.
L’atmosfera che anticipava le elezioni legislative del 4 e 5 gennaio era già appesantito da alcuni mesi per iniziativa delle principali forze d’opposizione, il Partito nazionalista del Bangladesh (Bnp) e l’islamista Jamaat-e-Islami. Solo tra novembre e dicembre le proteste avevano provocato decine di altri morti e sabotaggi in tutto il paese, tra cui la distruzione delle linee ferroviarie.
Poco prima del voto era stato indetto invece un blocco dei trasporti, seguito da uno sciopero generale di 48 ore che i manifestanti promettono di rinnovare nei prossimi giorni. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Durante il voto, soprattutto nella capitale Dacca si sono susseguiti diversi attentati con bombe incendiarie che hanno fatto registrare come prevedibile una bassa affluenza.
Le elezioni del resto partivano già compromesse per la controversa assegnazione di almeno metà dei 300 seggi in palio alla Lega Awami della premier Sheik Hasin, che nella restante metà a causa del boicottaggio dell’opposizione ha ottenuto il controllo di quasi la totalità del Parlamento.
Per la Hasin e i suoi, a dispetto dell’assenza di osservatori internazionali che avevano già fiutato l’aria d’imbroglio, la consultazione si è svolta in modo regolare. Un’ottimismo che sembra incapace di testare il polso di un paese che vive tensioni sociali altissime non solo a livello politico, ma nella sopravvivenza di tutti i giorni. È ancora molto fresca la memoria dei gravissimi incidenti (l’ultimo tre mesi fa) nelle fabbriche tessili, il settore trainante dell’economia bengalese in cui gli abusi e lo sfruttamento sono una realtà diffusa. Un disastro che ogni giorno che passa, complice anche l’indifferenza della politica, vede avvicinarsi l’incubo di una guerra civile.

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